La Contessina Julie

di August Strindberg

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Regia:
Roberto Totola.
Direzione artistica:
Eugenio Chicano.
Personaggi e interpreti:
La Contessina Julie - Marina Furlani

Jean - Massimo Di Michele

Tecnico:
Marco Di Marzo.

Scene, luci e costumi a cura di Punto in Movimento
Una produzione Punto in Movimento in collaborazione con Stone Italiana e gestita da Doc Servizi.

Presentazione

La Contessina Julie, dramma naturalistico sui generis ambientato nella Svezia di fine Ottocento che ha ispirato diverse versioni cinematografiche, è il testo dove maggiormente si evidenzia il tema della lotta di classe e tra i sessi, tipici della drammaturgia dell’autore svedese.
Quest’opera, oggi la più celebrata del periodo naturalistico di Strindberg, provocò uno scandalo clamoroso nella società puritana e conformista dell’epoca. Infatti la storia è avvincente ma inquietante: un vero e proprio canto notturno avvolto di ombre e ambiguità, di violenza e di amore.
E i personaggi stessi, più che figure autosufficienti, sono concrezioni psichiche che si scontrano, con effetti di stupefacente modernità. Eros, rancore e sopraffazione sono le potenze di cui l’autore registra le minime vibrazioni.
Al centro della scena il miasma erotico stesso, che invade una notte di San Giovanni: fra la Signorina Julie e il domestico Jean si stabilisce una tensione sessuale intrecciata alla relazione servo-padrone, che scatena una partita crudele di provocazioni fino ad un’inevitabile catastrofe. La vicenda trae spunto da un fatto di cronaca avvenuto nella tenuta di un conte svedese nella notte della festa di San Giovanni. Sguardi, sorrisi, inviti, provocazioni condiscono il piacere di stare insieme; così anche la contessina Julie si unisce alla servitù nelle danze.
Poi qualcosa cambia. Un’imprevista e rapida evoluzione delle circostanze trasforma l’incontro con il domestico Jean in una partita pericolosa: all’avventura erotica si sovrappone il calcolo razionale e l’interesse personale.
I protagonisti della tresca segreta mettono in gioco ciò che hanno di piu prezioso: progetti, sogni, speranze. La situazione si complica vertiginosamente: non più il sorriso, l’invito, la provocazione di una battuta, ma gli insulti, le lacrime… il sangue.

August Strindberg nacque a Stoccolma nel 1849. Molto peso sulla sua psicologia ebbe la diseguaglianza sociale dei genitori. La madre era una ca meriera, sposatasi tardi con un piccolo borghese. Nel 1867 si iscrisse all’università di Uppsala, frequentando irregolarmente i corsi di filologia e medicina. In seguito trovò occupazione come maestro elementare, precettore, telegrafista in un’isola remota del nord. L’abbandono del pietismo lo porta al naturalismo. A quest’epoca risale l’incontro con Siri von Essen, seguito dal matrimonio che però si romperà in un breve giro d’anni. La crisi determinerà in Strindberg una profonda inquietudine e il desiderio di viag giare senza posa per l’europa (1880-1890). Uno scambio epistolare con Nietzsche gli fece rompere i legami con il positivismo e lo fece aderire al ‘superomismo’. Un nuovo tempestoso matrimonio, con Friede Uhl nel 1893, concluso due anni dopo con il divorzio, aprì un nuovo periodo di crisi (1896-1897) che portò Strindberg a una condizione di lucida, visionaria fol lia. Si dedicò all’alchimia e all’occultismo. Precipitò in una spirale di ossessioni. Ne uscì, trovando una forma di equilibrio, anche per lo studio delle filosofia di Swedenborg e con l’avvicinamento a una forma di religiosità cristiana. Nel 1901 si sposa per la terza volta, con Harriet Bosse: anche questa volta il rapporto finisce misera mente. Nel 1907 fonda con A. Falk il Teatro Intimo. Muore a Stoccolma nel 1912. I funerali furono imponenti.

Il teatro che ha sempre contraddistinto Punto in Movimento è un teatro di gruppo, di lavoro fisico, pregno di “segni e significati”. Stanislawskij, Grotowski, Barba, Strasberg, Peter Brook i maestri. Il lavoro quotidiano: l’allenamento dell’attore, esercizi plastici, improvvisazioni. Le produzioni non vengono mai pensate in maniera statica, vengono allestiti spettacoli che sono nati per il palcoscenico in luoghi nuovi, diversi (e viceversa), anche al limite delle possibilità combattendo la “chiusura” di un modo di pensare che va spesso in una sola direzione.